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Artissima 2025 

Ezra Gray & Tiziana La Melia

rosso 2

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SOVRAPPORRE PERCEZIONI

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Molto tempo fa, Maria Antonietta giocava ad essere ciò che non era; non molto tempo fa, Paris Hilton ha giocato allo stesso gioco.

Congiuntivite, strofinare troppo un occhio che prude. 

Si perde nel suo occhio rosso, rossa la palpebra, ombretto rosso. 

Non ha voglia di vestirsi, però si veste.

Pensa che se abitasse lontano dalla città, questi bagliori futili non la raggiungerebbero. 

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Ho trovato una parola che mi piace e mi ci aggrappo, così saldamente da volerla condividere. Giocare come recitare, in inglese tracciano una linea, dicono “play” e uniscono due concetti, due dimensioni. Così faccio anch’io, traccio una linea e unisco due artisti e le loro opere. 

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Vedendo per la prima volta le opere di Tiziana La Melia, ho iniziato a riflettere sull'ambivalenza della parola “play”: da verbo che significa “giocare” a sostantivo che indica una “rappresentazione teatrale”. Posso immaginarmi pronta a salire sul palco, allungare la mano, e afferrare una minigonna dall’appendiabiti, sentendomi come Paris Hilton negli anni 2000. I personaggi di La Melia condividono questa qualità: sono animati da un'estetica, come se al semplice tocco di un abito sulla pelle, o con un colpo di bacchetta, gli “attori” prendessero vita. 

 

Giocare come recitare, per ingannare l’occhio. Con Ezra Gray la questione si fa più complessa, quasi ribaltata: l’illusione non dimora nell’opera, bensì al di fuori, in un rompicapo che porta l’artista stesso a domandarsi chi stia davvero dipingendo.

Questo perché, attraverso gli indexical signs, come li definisce Gray, presenti in un dipinto, l’osservatore crea nella sua immaginazione l’identità o la psicologia dell’artista più di quanto il dipinto stesso sia in grado di farlo per chi guarda. Gray associa quindi un verbo e un’azione specifica all’opera dipinta: “to screen”, dai significati contrastanti come mostrare, nascondere, filtrare. Per citare ancora l’artista: “in my view, paintings screen in every sense of the word”.

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Due figure stanno di fronte a un dipinto: l’osservatore e l’artista. Entrambi cercano di decifrare l’opera. L’osservatore è convinto che la persona che ha dipinto il quadro gli stia accanto, così inizia a commentare, a voce alta, certo che riceverà delle risposte dall’altra persona. L’artista ha dei dubbi. Non è sicuro se sia stato davvero lui a dipingere la tela o se, in realtà, sia stato l’osservatore. 

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Ho scelto anche un’altra parola che va a braccetto con play: relationship. Si sposano così bene nel titolo della mostra personale di Ezra Gray del 2024 presso Unit 17, Sweetie: Relationships Play Out, che non potevo ignorarne la chimica. 

 

Sono molteplici le relazioni che strutturano la mise-en-scène. Per districare il discorso, potrei iniziare elencando differenze e somiglianze tra i due approcci artistici, ma questo non è un manuale, né tanto meno è lo scopo del testo. Suggerisco invece di immaginare un sogno, uno spazio liminale da qualche parte tra performance, camerino e platea; le quarte pareti sono infrante su ogni lato e il confine tra pubblico e performer si dissolve, diventando irrilevante.

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Sai, sul Coquihalla Summit la strada è insidiosa, soprattutto d’inverno, quindi gli automobilisti si affidano a webcam pubbliche per controllare le condizioni meteorologiche e verificare se l’autostrada sia percorribile. Cinque ore dividono e uniscono questo particolare tratto di campagna e città, città e campagna.

Mentre l’auto corre, lei guarda fuori dal finestrino il paesaggio dipinto, domandandosi chi l'abbia inventato, chi vi abbia posato recinzioni, questi fossati. Le immagini scorrono così rapidamente che il panorama diviene astratto, una successione di macchie di colori diversi. Un gigante! Sì, un gigante di cui appare solo un piede, un piede enorme che poggia sul terreno e che inizia a misurare e a disegnare geometrie. È così alto che il suo corpo scompare tra le nuvole in cielo. Si immagina il volto di questo mostro. Che faccia mostruosa! Perché, invece, non un volto bambino di platino proveniente da un altro sistema solare, da un’altra galassia? Qualcosa di lontano è meno spaventoso. Sbatte le palpebre. La Bella Addormentata si sveglia faccia a faccia con la realtà, la guancia contro il finestrino dell’auto. 

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Ezra Gray, artista canadese originario di Vancouver (Canada) ma attualmente attivo a Parigi, è principalmente pittore, ma realizza anche sculture. Come afferma lui stesso, la sua ricerca pittorica si caratterizza per una certa promiscuità stilistica e tematica: il fotorealismo del banale, le icone pop richiamate da un tratto volutamente amatoriale che ricorda impressionismo ed espressionismo, e il motivo surrealista dell’occhio disincarnato che fluttua o si sovrappone alla scena. Descrive la pittura come un mezzo retorico, “as another way of describing the tradition of painting-as-illusion”, in cui l’elemento del “sapersi vendere” risiede nella modalità in cui “a painting both reveals and conceals its construction, performing its own making as part of its meaning”.  Questo concetto può essere compreso osservando i collage di Gray, dove il confine tra supporto e immagine applicata resta intenzionalmente visibile. Come afferma l’artista: “with this new work, the surface is always present, albeit a gessoed white panel which supports, stages and borders the painted paper works. These paper works are assembled together edge to edge, wrinkled through their mounting (marouflage)”. Emerge così l’idea ricorrente, nella sua pratica artistica, delle idiosincrasie, secondo cui il significato è generato dall’attrito tra le differenze, sia tra i dipinti sia all’interno di essi. 

 

Per quanto riguarda la sua pratica artistica, questa è di natura intuitiva; per usare un linguaggio teatrale, spesso arriva a improvvisare, al punto che non è da escludere che un’opera completata tempo addietro possa resuscitare e trovare nuova vita in uno di questi lavori di assemblaggio.

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Elementi eterogenei sedimentano su una tela bianca, occupandola e coprendola come stratificazioni geologiche. Talvolta la transizione risulta più evidente, altre volte solo un occhio esperto può coglierla, ma esistono indizi: crepe che increspano la superficie piatta, sintomo di un magma silente che affiora. 

Qualcosa reclama la propria autonomia di esistere. 

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Tiziana La Melia è cresciuta in Canada, nella Okanagan Valley, spesso di base a Vancouver, ed è nata a Palermo, in Sicilia—luogo che al contempo radica e riaffiora nella sua pratica. Inizialmente si è dedicata alla pittura, sempre però affiancata dalla poesia, la quale attraversa costantemente la sua pratica. Questo intreccio è espresso in modo chiaro dall’artista nelle seguenti parole: “My writing and painting always moved in tandem. I would say drawing and stories were my first love. I needed the immediacy of drawing and writing. I enjoyed listening and losing myself in an imaginative state. It was also a survival strategy—editing and mending narratives that construct stories and worlds out of simultaneous and at times cognitively dissonant realities. I gravitated towards writing because it could happen anywhere: while on a walk, working day jobs, between things or simultaneously to other activities. And painting felt like a natural extension to drawing for me at the time”.

 

È un’artista eclettica e poliedrica, che si esprime attraverso diversi linguaggi artistici, affrontando tematiche spesso legate al proprio vissuto. A titolo di esempio: nel film Country Mouse City Mouse Hamster (2024), l’artista intreccia la favola di Esopo con la struttura del reality show (come The Simple Life) per esplorare temi legati al lavoro, alla percezione, al desiderio e allo spazio tra il microcosmo della vita urbana e il macrocosmo di quella rurale. Allo stesso modo, il titolo della sua raccolta di poesie, pubblicata quest'anno, I Come From A Long Line Of People Who Don’t Use Words, “​​si riferisce a un lignaggio/stirpe da cui l’autrice eredita instabilità, migrazione e la cultura rurale del Meridione italiano”. Attraverso elementi pop, folkloristici e autobiografici, emerge un linguaggio capace di analizzare questi temi e di mettere in scena ruoli endemici della società contemporanea.

 

Pausa pranzo: il sugo di pomodoro è rosso, prende una grattugia a forma di cuore—il mio cuore è rosso—e grattugia del formaggio sugli spaghetti al pomodoro. Sono seduti attorno al tavolo, il topo di città, il criceto; questo banchetto non è mica come quello del topo di campagna—pensa—niente stravaganze. Il lusso del sugo di pomodoro che trabocca dai barattoli. 

 

- Rebecca Papi

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 1. Segni indicali

 2. “Per me, i dipinti funzionano come schermi in ogni senso della parola”

3.  Coquihalla Summit è un valico autostradale lungo la Coquihalla Highway nella British Columbia, in Canada. Le condizioni meteorologiche possono essere monitorate tramite il seguente link alla webcam:  https://stg-images.drivebc.ca/bchighwaycam/pub/html/pda/686.html

4. Questo lasso di tempo rappresenta il viaggio tra Vernon e Vancouver,  le due località in cui l’artista Tiziana La Melia ha realizzato i progetti qua esposti. 

5.  “Come un altro modo di descrivere la tradizione della pittura-come-illusione”

6.  “Un dipinto al tempo stesso rivela e nasconde la propria costruzione, performando il proprio processo di realizzazione come parte integrante del suo significato”

7.  “In questi nuovi lavori, la superficie è sempre presente, sebbene come un pannello bianco preparato a gesso che sostiene, mette in scena e delimita i lavori su carta dipinta. Questi lavori su carta sono assemblati tra loro, bordo contro bordo, e attraverso la tecnica di montaggio utilizzata (marouflage) ne enfatizza le increspature”

8.  “Scrivere e dipingere sono sempre andati di pari passo per me, direi che il disegno e le storie sono stati il mio primo amore. Avevo bisogno dell’immediatezza del disegno e della scrittura. Mi piaceva ascoltare e perdermi in uno stato immaginativo. Era anche una strategia di sopravvivenza: modificare e ricucire narrazioni che costruiscono storie e mondi a partire da realtà simultanee e, talvolta, cognitivamente dissonanti. Mi sono avvicinata alla scrittura perché poteva accadere ovunque: durante una passeggiata, mentre lavoravo, tra una cosa e l’altra o simultaneamente ad altre attività. La pittura, allora, mi sembrava un’estensione naturale del disegno, oggi è un modo per sentirmi presente nel corpo”

9.  Sonia D’Alto, “EDITOR'S NOTE”, in I Come From A Long Line Of People Who Don't Use Words, p. 215.

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Ezra Gray (classe 1986) vive e lavora a Parigi, Francia. Ha concluso un MA in pittura presso il Royal College of Art di Londra e un BFA presso la Concordia University di Montréal, Canada. Tra le mostre personali selezionate si annoverano Sweetie (Relationships Play Out) & Maximum Yearn, Unit 17, Vancouver (2024 & 2020); Joech God, Emalin, Londra (2018); Brown Space, Almanac Inn, Torino e Infinitive, Jeffrey Stark, New York City (entrambe nel 2017). 

Tra le mostre collettive e le mostre bipersonali selezionate si ricordano The 12th House, The White Ermine, Düsseldorf, Germania (2025); Brains, Medium P., Berlino, Germania (2024); Nothing but murmuring, 2x2x2 by im labor, Tokyo (2021); Folly, Emalin Projects, Dunmore Pineapple, Scozia; Honolulu Triennale, Honolulu, Zurigo (entrambe 2016) e Rundgang, Kunstakademie Düsseldorf (2014).

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Tiziana La Melia (classe 1982) è un’artista e autrice nata a Palermo e cresciuta tra i frutteti dei territori Syilx/Okanagan, in Canada. La sua pratica attraversa diversi linguaggi artistici, tra cui pittura, poesia, scultura, collage e disegno. Nei suoi lavori, La Melia, raccoglie frammenti del quotidiano e li trasforma in trame materiali, forme ricorrenti e simboli, che scorrono attraverso strati di tempo diasporico. Le ultime mostre dell’artista comprendono Country Mouse City Mouse Hamster, Or Gallery, Vancouver (2025); Town & Country: Narratives of Property and Capital, The Belkin (2025); we know nothing about people who don't cry, Romance, Pittsburgh (2025), Galerie Anne Baurrault, Paris (2025/19/17). L’artista ha esposto anche presso Walter Phillips Gallery, Banff Centre (2017); Oakville Galleries; Contemporary Art Gallery, Vancouver; Vancouver Art Gallery (all 2016); Ghebaly Gallery, Los Angeles (2015) and Mercer Union, Toronto (2014). La Melia è autrice di The Eyelash and the Monochrome (Talon Books, 2018), lettuce lettuce please go bad (Talon Books, 2024) e della raccolta di poesie Kletic Kink (Tenderly, 2022). Il suo ultimo libro, I Come From A Long Line Of People Who Don't Use Words (Vengo Da Una Lunga Stirpe Di Persone Che Non Usano Parole), curato da Sonia D’Alto, è stato pubblicato da Archive Books quest'anno. La Melia ha conseguito un BFA presso l’Emily Carr University of Art + Design e un MFA presso l’University of Guelph.

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